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martedì 4 giugno 2013

Gli effetti secondari dei sogni di Delphine De Vigan

INTRODUZIONE
Ho conosciuto questo libro grazie al gruppo di Facebook la Compagnia dei lettori di cui faccio parte che mensilmente organizza delle letture di gruppo relative ad una particolare area geografica di appartenenza o relative ad un particolare tema. Questa volta ho deciso finalmente di parteciparvi facendo una recensione nel mio blog, ancora non mi sento di fare video, sono a disagio con la telecamera a causa della mia timidezza. Questo mese il tema era la letteratura francofona contemporanea, e tramite votazioni, abbiamo scelto questo libro dell’autrice francese Delphine de Vigan.
Brossura, 9, 50 euro, Mondadori, 207 pagine, traduttore Bellini.

TRAMA
Lou Bertignac è una timida ragazzina di 13 anni fuori dal comune, amante della grammatica e con un QI al di sopra della media. Per questo motivo frequenta già il terzo anno del liceo, ed è catapultata nel mondo dell’adolescenza con tutti i problemi e le preoccupazioni che essa comporta: i primi amori, le prime amicizie, i primi batticuori. Lou, a causa della differenza di età e della sua intelligenza, non è molto amata dalle compagne di classe che con i loro braccialetti tintinnanti la deridono quotidianamente. L’unico che la prende sul serio e che l’ammira è Lucas, un ragazzo diciassettenne sfrontato e intraprendente che va male a scuola e consegna sempre in bianco i suoi compiti, per protesta contro la società chiusa nelle sue convenzioni che rappresenta la scuola, l’esatto opposto di Lou, che però è molto attratta dal ragazzo e del quale è profondamente innamorata. Il professor Marin, le assegna una relazione orale su un argomento a piacere e Lou senza pensarci troppo decide di parlare dei senza tetto di Parigi, tentando di ricostruire la vita di un senza tetto in particolare per comprendere le ragioni della sua situazione. Lou è terrorizzata dalle relazioni orali, il dover parlare davanti a tutti la fa sprofondare in una profonda «faglia sismica», ma è costretta a farlo per non deludere il suo professore prediletto. E così avviene l’incontro con No (Nolwenn) una diciottenne un po’ sbandata, dal passato burrascoso,  dipendente dall’alcol e fumatrice incallita che è costretta a vivere per strada e a cambiare sempre posto per non dare nell’occhio e nascondersi tra le figure invisibili della città, che Lou scorge attraverso i vetri della metropolitana, mezzo che prende giornalmente per necessità e perché si diverte ad osservare i volti della gente, che per la piccola rappresentano un mistero insondabile, un universo tutto da scoprire, quello delle relazioni sociali. Le due ragazze diventeranno amiche inseparabili, al punto da dire di «stare insieme». Prima No va a vivere a casa di Lou ma a causa delle sue dipendenze viene cacciata dai pazienti genitori di Lou la cui esistenza era stata funestata dalla morte prematura della sorellina di Lou. Così No si trasferisce da Lucas ma anche qui causerà non pochi problemi… TO BE CONTINUED…

COMMENTI
La storia trattata non è molto innovativa come avete letto più o meno dalla trama, ma nonostante questa apparente semplicità il libro è scritto davvero in modo meraviglioso, ricco di spunti di riflessione e di indagine, che aprono scenari interi nella tua mente. Ho immaginato di essere in mezzo ai senza tetto di Parigi o di qualsiasi altra città al mondo, ho sentito il freddo gelido attraverso gli stracci, mi sono sentita anch’io come loro in mezzo ai cartoni, in cerca di un riparo sicuro per la notte per riposare e sentirsi per un attimo come a casa propria, protetti. Per un momento ho assunto anch’io il punto di vista degli “invisibili” della città, coloro che preferiamo non guardare, che ignoriamo presi dalla nostra vita frenetica e sempre in corsa. Sicuramente è questo lo spunto di riflessione più presente del libro che ti porta a comprendere meglio il mondo dei senzatetto che in mezzo ai loro cartoni umidi si portano dietro un fardello ben più pesante: un’esistenza triste o burrascosa che li ha ridotti nel loro stato attuale come il passato di No che con riluttanza la ragazza rivela all’amica Lou che vorrebbe aiutarla a sorreggere questo fardello ma che purtroppo non riesce. Altro tema presente nell’opera è il tema dell’adolescenza, un età molto difficile che Lou raggiunge prima del tempo interagendo con i suoi compagni più grandi ed in particolare con Lucas che le fa conoscere l’amore. Altro tema è l’alcolismo/la dipendenza che No non riesce a dominare a causa dei vari problemi che l’affliggono. Altro tema e spunto di riflessione è sicuramente la morte-il lutto non superato come il caso della sorellina di Lou, morta prematuramente che la madre non riesce a rielaborare e si lascia dominare dalla depressione che è sempre pronta a scatenarsi nella mente della donna e quindi anche all’interno della famiglia di Lou. Ho trovato il finale un po’ forzato e non molto originale, è stato anche molto prevedibile … Comunque nonostante tutto è stata una lettura piacevole e consigliata decisamente, anche se non è propriamente il mio genere.

BIOGRAFIA

Delphine de Vigan è nata nel 1966 a Boulogne-Billancourt ed è ancora in vita. Dopo vari lavoretti ha ottenuto a Alford una posizione di alto livello come sondaggista. Oggi è madre di due figli e vive del suo lavoro di scrittrice dal 2007. Il suo primo romanzo, Giorni senza fame , è stato pubblicato nel 2001 da Edizioni Grasset sotto lo pseudonimo di Lou Delvig: si tratta di un romanzo autobiografico sulla lotta contro l’anoressia . Delphine de Vigan poi pubblicato con il suo nome nel 2005, Les Jolis Garçons , un romanzo breve (150 pagine) composto da tre storie d'amore di una giovane donna, Emma. Nel 2006 ha pubblicato Un soir de décembre che tratta il tema dell'amore e della difficoltà di memoria, che è stato insignito del Premio Letterario di San Valentino 2006. Nel 2007 pubblicò No et moi che parla di un’adolescente-prodigio che aiuta un giovane senza tetto ed è stato premiato con il Rotary International nel 2009. È stato tradotto in venti lingue ed è stato fatto un adattamento cinematografico prodotto da Zabou Breitman , film uscito il 17 nov 2010. Nel 2008, Delphine de Vigan ha partecipato alla pubblicazione di Sotto il cappotto, una raccolta di cartoline erotiche dei ruggenti anni Venti. Ha co-scritto il film Tu sarai mio figlio nel 2011. La storia racconta le difficoltà di un figlio che cerca l'approvazione di un padre che vive solo per il prestigio della sua vigna. Nel 2011 ha ottenuto il Prix du roman Fnac, il Prix Roman France Télévisions e il Prix Renaudot des Lycéens per Rien ne s'oppose à la nuit, in cui racconta la storia di sua madre affetta dal disturbo bipolare della personalità ripercorrendo la storia dell’intera sua famiglia. È la moglie del critico letterario e giornalista François Busnel.

CITAZIONI VARIE
«C’è come una città invisibile nel cuore stesso della città. La donna che ogni notte dorme nello stesso posto, fra le buste di plastica e nel sacco a pelo. Direttamente sul marciapiede. Gli uomini sotto i ponti, nelle stazioni, la gente distesa sui cartoni o rannicchiata sopra una panchina. Un giorno cominci a notarli. Per strada, in metropolitana. Non solo quelli che chiedono l’elemosina. Anche quelli che si nascondono. Li riconosci dall’andatura, la giacca sformata, il maglione bucato. […] Sono migliaia. Il sintomo del nostro mondo malato. […] In quel mondo parallelo che pure è il nostro, cercando sono un posto da cui non fosse schiacciata, un posto per sedersi o per dormire. […] Fuori uomini e donne dormono sepolti nei sacchi a pelo o sotto scatoloni vuoti, sopra le griglie d’areazione della metropolitana, sotto i ponti oppure direttamente per  terra, fuori uomini e donne dormono negli angoli di una città che li esclude».
« A volte mi sembra che qualcosa manchi dentro di me, che ci sia un filo invertito, un pezzo difettoso, un errore di fabbricazione, non qualcosa in più, come si potrebbe credere, ma qualcosa in meno».
« Siamo capaci di spedire aerei supersonici e missili nello spazio, identificare un criminale grazie a un capello o un minuscolo lembo di pelle, creare un pomodoro che resti tre settimane in frigorifero senza raggrinzirsi, contenere miliardi di informazioni in un microchip. Siamo capaci di lasciar morire la gente per strada».
«Impariamo a trovare incognite nelle equazioni tracciare rette parallele e dimostrare teoremi, ma nella vita vera non c’è niente da porre, calcolare o risolvere. È come per la morte dei neonati. Dolore, e nient’altro. Un grande dolore che non si dissolve nell’acqua o nell’aria, una specie di componente solido che resiste a tutto».
« […] Tutto va in fretta, nonostante la mia ritrosia ad agire e a buttarmi, perché spesso le immagini e le parole m’invadono la mente e mi paralizzano […] bisogna mettere un piede dopo l’altro senza interrogarsi se sia meglio iniziare con il destro o con il sinistro».
«Pensare di smettere di pensare è ancora pensare. E contro questo non si può fare nulla».
«Spesso rimpiango che non si possano cancellare le parole nell’aria come sulla carta, che non esista una penna speciale che si possa agitare sulla propria testa per eliminare le parole inopportune prima che arrivino alle orecchie».
«Di notte quando non si dorme le preoccupazioni si moltiplicano, crescono si amplificano; man mano che le ore passano l’indomani si oscura, il peggio raggiunge l’evidenza, più nulla sembra possibile e superabile più niente sembra tranquillo. L’insonnia è il volto oscuro dell’immaginazione».
Qualche volta però la notte mette le carte in tavola, qualche volta la notte rivela la sola verità: il tempo passa e le cose non saranno più come prima».
«Nei romanzi ci sono dei capitoli per distinguere i momenti, per mostrare che il tempo passa e la situazione si evolve , qualche volta ci sono anche delle parti con titoli carichi di promesse, “L’incontro”, “La speranza”, “La caduta”, come nei quadri. Ma nella vita non c’è niente, né titoli, né cartelli, né segnali, niente che indichi attenzione, pericolo, smottamenti frequenti o delusione imminente. Nella vita siamo soli con i nostri vestiti peggio per noi se sono strappati».
«La grammatica è una menzogna perché ci fa credere che le proposizioni si combinino fra loro secondo una logica che lo studio rivela, una menzogna protratta nei secoli perché adesso so che la vita è solo una successione di tregue e squilibri, il cui ordine non obbedisce ad alcuna necessità».
«Prima di incontrare No, credevo che la violenza fosse nelle urla, nelle botte, nella guerra e nel sangue. Adesso so che la violenza è anche nel silenzio, e qualche volta è invisibile a occhio nudo. La violenza è il tempo che risana le ferite, la sequenza irriducibile dei giorni, l’impossibile ritorno indietro. La violenza è quello che ci sfugge, che tace, che non si manifesta, la violenza è ciò che non ha spiegazione, che resterà opaco per sempre».






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